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Misurazione percorsi

La misurazione dei percorsi delle gare podistiche su strada.

I nostri articoli, le nostre misurazioni e una raccolta di documenti teorici sull'argomento.



Come si comporta un dispositivo GPS nel misurare la distanza di una gara?

Articolo originale su Gruppo Podistico Rossini

La riposta breve a questa domanda è: una misurazione fatta con un dispositivo GPS non è accurata come quella fatta con i sistemi usati dai misuratori ufficiali FIDAL che usano uno speciale contatore calibrato (contatore di Jones) montato su una bicicletta e per il quale vengono usati fattori si compensazione tra cui quello relativo alla temperatura alla quale viene eseguita la misurazione (per qualche dettaglio provate a consultare il documento rintracciabile all’indirizzo internet che si apre cliccando qui o sul direttamente sul manuale IAAF).

I normali dispositivi GPS da polso hanno una accuratezza dai 3 ai 10 metri per il 95% del tempo e questo causa il fatto che spesso riportano una distanza maggiore di quella misurata con i metodi più accurati. Ci sono tuttavia altre cause che impediscono ai dispositivi GPS di essere accurati.

Per determinare la posizione di un oggetto il sistema GPS deve ricevere un segnale radio da almeno 3 satelliti, meglio se fossero 4. Dal momento che ogni satellite emette un segnale univoco il ricevitore può abbinare il segnale al satellite ed alla sua posizione orbitale. Questo procedimento è chiamato triangolazione. La distanza dal ricevitore viene a questo punto calcolata (per ogni satellite) e da questi dati il ricevitore calcola accuratamente la sua posizione geografica.

Ma cosa influisce sull’accuratezza?
Questo articolo non ha lo scopo di fare confronti tra i diversi dispositivi GPS commerciali. Tuttavia molti podisti usano il marchio leader, Garmin, e allo stato attuale l’accuratezza della misurazione indicata da Gramin stessa è tra 3 e 5 metri, ma solo per il 95% del tempo. Nel rimanente 5% il GPS può determinare la posizione con un errore di 10 o più metri.

10 metri non sembrano un granché.

C’è un fraintendimento comune su cosa sia un dispositivo GPS. Le persone pensano che segua il loro percorso in modo fedele facendo una linea continua. Ma NON È VERO.
Il dispositivo GPS registra una serie di dati che possono essere disegnati su una carta, ovvero invece di registrare una linea continua registra un dato ogni tot tempo che può variare tra 1 e 20 secondi. Questi punti possono essere a destra, a sinistra, davanti o dietro la reale posizione. Questi punti per il 95% del tempo sono distanti circa 3 metri (quindi non così vicini se appena ci si pensa).
Per illustrare meglio questa cosa immaginate che il vostro GPS sia uno speciale Border Collie che corre con voi dovunque voi andiate. Come ogni cane ben allenato corre vicino a voi, entro 3 metri, per il 95% del tempo, ma il 5% del tempo si allontana di più. Come ogni buon cane comunque inizia e finisce la corsa con voi.

gps-accuracy

Adesso unite i punti.
La realtà è che il vostro percorso GPS è fatto da una serie di punti che devono essere uniti. La misura della distanza è data dalla somma di questi tratti che è maggiore del percorso vero.
Ci sono altri fattori che influenzano la misura esatta: la posizione dei satelliti, i disturbi nel segnali radio, le condizioni atmosferiche, le barriere naturali, la presenza di curve sul percorso, la linea che si tiene che non è quella ideale, ecc. ma penso che quanto scritto sopra sia già di per sé sufficiente a spiegare il funzionamento.
Quindi uno spende 2-300 € per una cosa che non è accurata? Beh, il GPS è un buono strumento di allenamento per farci rendere conto di come stiamo andando, tracciare il percorso che facciamo giorno dopo giorno, ma non vi aspettiate la massima accuratezza perché sem

 

 

Sulle distanze delle corse podistiche e sul metro, unità di misura di lunghezza del Sistema Internazionale. (II Parte)

Versione originale su Fartlek Ostia

Si narra che il 12 Agosto del 490 a.C., la data più accreditata per lo svolgimento della battaglia di Maratona, l’ateniese Filippide, di professione emerodromo (ovvero corriere pubblico che compiva lunghi percorsi in un giorno, molto importante nella vita delle città greche e decisivo per l'esercito, dove rappresentava generalmente il solo mezzo di comunicazione veloce) corse dalla piana di Maratona ad Atene (poco meno di 40 chilometri) per annunciare la vittoria del proprio esercito su quello persiano[2]. “Abbiamo vinto!”, sembra che egli abbia infine pronunciato, prima di spirare esausto per la fatica.

Per quanto ne sappiamo Filippide corse fino ad Atene senza alcun segnale che gli indicasse in qualche modo la distanza ancora da percorrere, ma fin da epoche antichissime in tutte le civiltà si è cercato di misurare e segnalare gli itinerari e le relative distanze, anche riguardo alla corsa. Attività, quest’ultima, che ha accompagnato tutta la nostra storia evolutiva ed ottenuto attenzioni e riconoscimenti diversi sin dall’apparire delle primissime civiltà umane.

Se vogliamo così provare a riassumere, ma solo a grandi linee, come dall’antichità ad oggi gli uomini abbiano misurato in particolare le distanze delle loro gare podistiche e se ci interessa contemporaneamente riflettere brevemente sulle relative unità di misura di lunghezza (sul metro, attuale unità del Sistema Internazionale, con qualche dettaglio), non possiamo non partire dal mondo ellenico e, almeno in parte, dall’antico mondo anglosassone. Ciononostante ricordo che semplici testimonianze di ciò che definiamo atletica (“athlos” in greco significava letteralmente “combattimento”, anche se, sin da allora, per “atletica” si è sempre intesa la pratica agonistica in generale, quella del lottare e correre prima di tutto) sono state ritrovate in numerosi bassorilievi egizi risalenti a 3500 anni a.C.. Si ritiene unanimemente, come ho detto, che tali attività fossero in ogni caso comuni anche in civiltà più antiche.

La meravigliosa letteratura greca, come noto, ci documenta in maniera ricca, precisa e multiforme di tante e famose competizioni podistiche, sin da oltre mille anni prima dell’era cristiana. Il modo di misurare le relative distanze si trasferì in seguito nel mondo romano, arricchendosi anche di nuove unità, e queste consuetudini sono state in auge fino a tempi davvero recentissimi. Infatti le prime gare dei 5000 e 10000 metri a livello olimpico furono introdotte solo nell’edizione dei Giochi del 1912, a Stoccolma (nel 1900, a Parigi, vi fu in effetti una competizione di cinque chilometri, ma sotto forma di gara a squadre). Laddove, fino agli inizi del 1900 quasi tutte le gare podistiche – e segnatamente quelle del mezzofondo prolungato- erano misurate in miglia o in yard, secondo l’allora ancora diffusissimo sistema anglosassone.

I Greci antichi nei loro giochi (Olimpici, Pitici, Nemeici, Istmici) usavano di norma misurare le distanze delle loro gare podistiche (dolichos; la prima di queste gare di cui abbiamo notizia certa si svolse ad Olimpia nel 720 a. C., XV Olimpiade) in stadi, da 8 a 25 (ad Olimpia per esempio le gare erano di 20 stadi). Lo stadio greco era una unità di misura di distanza che oscillava tra i 150 e i 200 metri ed in origine equivaleva proprio alla lunghezza della pista da corsa di Olimpia (192.27 metri). La sua “precisa” definizione teorica era proprio legata alla corsa: "la distanza percorsa da Ercole correndo senza riprender fiato", come documenta Tito Livio Burattini, uno storico agordino del 1600, nel suo mirabile lavoro Misura Universale. Questa unità serviva anche a misurare le grandi distanze: la prima stima del meridiano terrestre, eseguita da Eratostene nel III secolo avanti Cristo, fu fornita, per esempio, proprio in 252.000 stadi.

Le gare di resistenza quindi, nel mondo ellenico, oscillavano tra gli attuali 1500 e 5000 metri, pur rimanendo le gare di velocità (“lo stadio” e il “diabus”, doppio stadio) quelle più popolari nelle competizioni ufficiali.

Anche a Roma, dove le gare podistiche furono introdotte solo nell’età imperiale (il primo ad istituzionalizzarle fu Domiziano, che le faceva svolgere nello stadio che portava il suo nome, l’attuale piazza Navona), le distanze delle gare, generalmente, erano misurate in stadi, dove lo stadio valeva circa 180 metri.

Saltuariamente, sia in Grecia che a Roma che in altre civiltà antiche, abbiamo notizie di gare misurate anche in piedi o, a Roma e nel mondo anglosassone, in passi oltre che in miglia. La lunghezza del piede (pous) oscillava tra i 27 ed i 35 centimetri, e faceva riferimento alla lunghezza media di un piede calzato adulto. Il miglio o milliare era definito originariamente come mille passuum, cioè mille passi del legionario romano, dove il passo corrispondeva al ciclo completo sinistra-destra-sinistra o destra-sinistra-destra ed equivaleva al doppio di un passo singolo di circa 0.75 metri. Ricordo che una unità comune nella civiltà romana, l’ottavo di miglio, corrispondeva proprio allo stadio. La yard, da parte sua, indicava la distanza di un braccio teso dalla punta del dito medio al centro del torace, in corrispondenza del naso; originariamente sembra fosse la lunghezza del braccio di re Enrico I.

Ma come si è arrivati poi a definire il metro, unità di misura quasi universalmente adottata nelle civiltà contemporanee e con la quale oggi tutti noi corridori dobbiamo ormai cimentarci negli allenamenti quotidiani e nelle competizioni in pista o in strada (se si escludono le gare misurate in miglia o yard, che comunque non fanno parte del programma olimpico ed ormai di virtualmente nessuna gara internazionale)? Quanto è davvero lungo un metro, quando ed in base a quali considerazioni gli uomini decisero di introdurlo?

È accettato da tutti gli studiosi che la prima importante tappa nello sviluppo dei concetti relativi alle misure sia stata antropomorfica: in essa le principali unità di misura sono parti del corpo umano. Gli uomini misurano ciò che li circonda con se stessi (piedi, braccia, dita, palmi,…) e questo è davvero un sistema primitivo e antichissimo. Certo, anche i primi esseri umani ad usare queste unità dovevano essere consapevoli che la lunghezza del proprio braccio o del proprio piede era diversa da quella di un’altra persona, ma agli inizi le differenze individuali non sembravano importanti visto il livello di precisione richiesto per le misurazioni di quei tempi. Solo successivamente questo sistema raggiunse un livello di astrazione e si passò, così, da un periodo caratterizzato da unità di misura individuate da rappresentazioni concrete, ad un periodo in cui siamo ormai in presenza di concetti astratti (si passa, per fare un esempio, dal mio piede al piede in generale). In altre parole il piede, il passo, il palmo furono standardizzati. Da allora le diverse misure antropomorfiche poterono assolvere molto bene, e per lungo tempo, la loro funzione nelle relazioni umane (comprese le gare atletiche!), all’interno delle rispettive società. Queste unità furono però caratterizzate da grande eterogeneità, poiché cambiavano con il trascorrere del tempo, ed erano diverse da nazione a nazione, da regione a regione, spesso da città a città.

Le unità potevano essere legate anche alle “azioni” dell’uomo (unità antropometriche), come “un giorno di cammino”, “un tiro di sasso” o più recentemente “un tiro di schioppo” (o, come visto in Grecia, “una corsa a perdifiato”), o alla sua sensibilità percettiva, come il curioso “muggito di toro”, ancora in uso in Lettonia mezzo secolo fa per indicare la distanza massima da cui tale suono è udibile.

Un sistema di misura basato su unità universali si affermò solo con la Rivoluzione Francese e la nascita della società moderna, in un momento storico in cui tale obiettivo era ormai divenuto auspicabile e compatibile con quegli ideali di universalità e di razionalità che hanno così fortemente caratterizzato la filosofia illuminista. Il 26 marzo 1791 l'Assemblea Costituente Francese istituì la Commissione Generale dei Pesi e Misure ed adottò, per la lunghezza, un’unità equivalente a un decimilionesimo della distanza tra il Polo Nord e l’Equatore. L’Assemblea decretò solennemente:


Considerando che per arrivare a stabilire l’uniformità dei pesi e delle misure è necessario fissare un’unità di misura naturale e invariabile e che il solo mezzo per estendere questa uniformità alle nazioni estere e per esortarle a decidere insieme su un sistema di misure è di scegliere un’unità che non conservi niente di arbitrario né di specifico ad alcun popolo della terra[…]adotta la grandezza del quarto di meridiano terrestre come base del nuovo sistema di misure.


La decimilionesima parte di tale grandezza fu scelta appunto come unità pratica e chiamata metro, dal greco metron che significa una misura.
La misura del quarto di meridiano fu completata nel novembre del 1798 e la costruzione del modello definitivo del metro fu realizzata nel giugno del 1799. Il 22 dello stesso mese il prototipo fu presentato al Consiglio degli Anziani e dei Cinquecento, e successivamente depositato agli Archives Nationales. Questo prototipo, di platino, era una sbarra a sezione rettangolare di 25,3 x 4 mm.

Nel Novecento gli sviluppi della fisica atomica permisero di elaborare dei metodi per la misurazione di una lunghezza che erano di gran lunga più esatti di quelli del passato. Dopo uno studio intensivo della luce emessa da lampade che usano sostanze diverse, nel 1960 l’XI Conferenza Generale dei Pesi e delle Misure (CGPM) scelse una particolare radiazione di color rosso-arancio per ridefinire il metro (in dettaglio come: “quella lunghezza che equivale a 1.650.763,73 lunghezze di onda nel vuoto della radiazione che corrisponde alla transizione tra due livelli iperfini dell’atomo di Krypton 86”). Un ulteriore passo avanti nella ricerca di universalità fu realizzato poi su un suggerimento che il fisico tedesco Max Plank aveva avanzato sin dal 1889. Plank aveva suggerito di basare il sistema di unità su valori assegnati per convenzione ad alcune costanti fondamentali della fisica (ad esempio la velocità della luce, la costante di Plank, la costante di Avogadro) che riassumono le informazioni più profonde di quanto noi conosciamo sulla realtà. La prima (parziale) realizzazione del progetto di Plank è avvenuta così nel 1983 (XVII CGPM) dopo l’attenta considerazione di differenti alternative, la costanza della velocità della luce è stata adottata quale principio fondamentale assegnando ad essa il valore convenzionale c = 299792458 m/s. Il metro è ora di fatto un'unità derivata: è il tragitto percorso dalla luce nella frazione 1/299792458 di secondo. La decisione di ridefinire il metro nacque in particolare dalla insoddisfazione degli studiosi verso la precedente definizione, generata dalla limitazione dell’accuratezza con la quale poteva essere realizzato il campione del metro usando la specifica radiazione arancio di una lampada di Krypton-86.

Questa succinta soluzione (“Le mètre est la longueur du trajet parcouru dans le vide par la lumière pendant une durée de 1/299,792,458 de seconde” nel linguaggio ufficiale del 1983 del Sistema Internazionale, sistema conosciuto nel passato come Sistema Metrico Decimale) è anche un eccellente compromesso fra differenti esigenze, in quanto fu ovviamente necessario trovare una formulazione adatta a scopi diversi; una formulazione che potesse essere capita nelle scuole e fosse sufficiente per i requisiti della metrologia legale e allo stesso tempo soddisfacesse anche le richieste sofisticate della scienza moderna, ai più alti livelli di accuratezza.

Per chi vuole approfondire:

Agnoli P., Il senso della misura. La codifica della realtà tra filosofia, scienza ed esistenza umana, Roma, Armando Editore, 2004.

Agnoli P., D’Agostini G., Perchè il pendolo di un metro oscilla in un secondo?, in Progetto Alice - Rivista di matematica, Anno 2008 - III, .Vol.IX, n.27, pp. 369-404

R. L. Quercetani, Atletica – Storia dell’Atletica Moderna dalle origini ad oggi, Vallardi & Associati, Milano, 1990



[1] Paolo Agnoli è dottore, con lode, in fisica e in filosofia. Dopo una prima esperienza di ricerca in fisica nucleare, ha passato molti anni della sua vita lavorativa nella ricerca applicata, operando in differenti laboratori e settori di ricerca e sviluppo in Europa e negli Stati Uniti. In questo contesto ha partecipato anche a diversi gruppi di studio internazionali che avevano lo scopo di analizzare, discutere e proporre miglioramenti ai protocolli di misura in ambito di differenti settori tecnologici (elettronica, informatica e telecomunicazioni).   E’ impegnato attualmente nell’alta consulenza e formazione manageriale (www.pangeaformazione.it). Pratica la corsa 4-5 volte alla settimana ed ha partecipato a molte gare podistiche su strada tra cui, spesso, la maratona di Roma e la mezza maratona Roma-Ostia.

[2] Questo articolo è un aggiornamento di un contributo originariamente pubblicato su Romacorre.it

 

Sulle distanze delle corse podistiche e sul metro, unità di misura di lunghezza del Sistema Internazionale. (I Parte)

Versione originale su Romacorre

Si narra che il 12 Agosto del 490 a.C. (proprio 2500 anni fa!), la data più accreditata per lo svolgimento della battaglia di Maratona, l’ateniese Filippide, di professione emerodromo (ovvero corriere pubblico che compiva lunghi percorsi in un giorno, molto importante nella vita delle città greche e decisivo per l'esercito, dove rappresentava generalmente il solo mezzo di comunicazione veloce) corse dalla piana di Maratona ad Atene (poco meno di 40 chilometri) per annunciare la vittoria del proprio esercito su quello persiano. “Nenikekamen!” (“Abbiamo vinto!”) sembra che egli abbia infine pronunciato, prima di spirare esausto per la fatica.  
Filippide corse fino ad Atene senza alcun segnale che gli indicasse in qualche modo la distanza ancora da percorrere, ma fin da epoche antichissime in tutte le civiltà si è cercato di misurare e segnalare gli itinerari e le distanze, anche riguardo alla corsa.
Se vogliamo in particolare provare a riassumere, anche se a grandi linee, come dall’antichità ad oggi gli uomini abbiano misurato le distanze delle loro gare podistiche e soprattutto se ci interessa riflettere brevemente sulle relative unità di misura di lunghezza (sul metro con qualche dettaglio), non possiamo non partire dal mondo ellenico e, almeno in parte, dall’antico mondo anglosassone. Ciononostante ricordo che semplici testimonianze di ciò che definiamo atletica (“athlos” in greco significava letteralmente “combattimento”, anche se, sin da allora, per “atletica” si è sempre intesa la pratica agonistica in generale, quella del lottare e correre prima di tutto) sono state ritrovate in numerosi bassorilievi egizi risalenti a 3500 anni a.C.. Si ritiene inoltre assai probabile che tali attività fossero comuni anche in civiltà più antiche.
La meravigliosa letteratura greca, come noto, ci documenta in maniera ricca, precisa e multiforme di tante e famose competizioni podistiche, sin da oltre mille anni prima dell’era cristiana. Il modo di misurare le relative distanze si trasferì in seguito nel mondo romano, arricchendosi anche di nuove unità, e queste consuetudini sono state in auge fino a tempi davvero recentissimi. Infatti le prime gare dei 5000 e 10000 metri in pista a livello olimpico furono introdotte solo nell’edizione dei Giochi del 1912, a Stoccolma (nel 1900, a Parigi, vi fu in effetti una competizione di cinque chilometri, ma sotto forma di gara a squadre). Laddove, fino agli inizi del 1900 quasi tutte le gare podistiche – e segnatamente quelle del mezzofondo prolungato- erano misurate in miglia o in yards, secondo l’allora ancora diffusissimo sistema anglosassone.
I Greci antichi nei loro giochi (Olimpici, Pitici, Nemeici, Istmici) usavano di norma misurare le distanze delle loro gare podistiche (“dolichos”; la prima di queste gare di cui abbiamo notizia certa si svolse ad Olimpia nel 720 a. C., XV Olimpiade) in stadi, da 8 a 25 (ad Olimpia per esempio le gare erano di 20 stadi). Lo stadio greco era una unità di misura di distanza che oscillava tra i 150 e i 200 metri ed in origine equivaleva proprio alla lunghezza della pista da corsa di Olimpia (192.27 metri). La sua “precisa” definizione teorica era proprio legata alla corsa: "la distanza percorsa da Ercole senza riprender fiato", come documenta Tito Livio Burattini, uno storico agordino del 1600, nel suo mirabile lavoro Misura Universale. Questa unità serviva anche a misurare le grandi distanze: la prima stima del meridiano terrestre, eseguita da Eratostene nel III secolo avanti Cristo, fu fornita, per esempio, proprio in 252.000 stadi.
Le gare di resistenza quindi, nel mondo ellenico, oscillavano tra gli attuali 1500 e 5000 metri, pur rimanendo le gare di velocità (“lo stadio” e il “diabus”, doppio stadio) quelle più popolari e praticate.

Anche a Roma, dove le gare podistiche furono introdotte solo nell’età imperiale (il primo ad istituzionalizzarle fu Domiziano, che le faceva svolgere nello stadio che portava il suo nome, l’attuale piazza Navona), le distanze delle gare, generalmente, erano misurate in stadi, dove lo stadio valeva circa 180 metri.
Saltuariamente, sia in Grecia che a Roma che in altre civiltà antiche, abbiamo notizie di gare misurate in piedi o in passi (ricordo a questo proposito che il miglio o milliare era definito originariamente come mille passuum, cioè mille passi del legionario romano, dove il passo corrispondeva al ciclo completo sinistra-destra-sinistra o destra-sinistra-destra ed equivaleva al doppio di un passo singolo di circa 0.75 metri; la yard, da parte sua, indicava la distanza di un braccio teso dalla punta del dito medio al centro del torace, in corrispondenza del naso – originariamente sembra fosse la lunghezza del braccio di re Enrico I).
Ma come si è arrivati poi a definire il metro, unità di misura quasi universalmente adottata nelle civiltà contemporanee e con la quale oggi tutti noi corridori dobbiamo ormai cimentarci negli allenamenti quotidiani e nelle competizioni in pista o in strada (se si escludono le gare misurate in miglia, che comunque non fanno parte del programma olimpico ed ormai di virtualmente nessuna gara internazionale)? Quanto è davvero lungo un metro, quando ed in base a quali considerazioni gli uomini decisero di introdurlo? LE RISPOSTE A QUESTE DOMANDE NELLA SECONDA PARTE...

 

 

Il Mistero di Capanne II

contatore jonesCome vi avevamo anticipato, questa mattina abbiamo effettuato una "misurazione al seguito" della gara lunga di Capanne con un Contatore Jones. Abbiamo anche improvvisato una piccola indagine statistica dei dati forniti da vari modelli di GPS. Il foglio arrivi che pubblichiamo è quello manoscritto, forse con qualche piccola imprecisione, ma i dati crediamo siano interessanti e possono essere fonte di qualche riflessione.
Leggi tutto...
 
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